mercoledì 23 novembre 2011

"ma se é vero che la vita a volte é strana allora voi mi dovete dire perché le persone spesso sono semplicemente stronze?"

Ho finito di leggere "Hanno tutti ragione" di Paolo Sorrentino (Feltrinelli; 18 euro).

L'avevo comprato, il libro, tempo fa, ancora nel 2010, dopo aver visto in tv l'intervista di Fazio all'autore per il lancio del libro, a Che tempo che fa.
Non avevo, però, mai visto un suo film, convinta che sia sempre meglio leggere il libro prima di vedere un lavoro cinematografico. Ma poi mi sono ritrovata a lasciarlo sul comodino per troppo tempo: ne leggevo qualche pagina la sera, o il pomeriggio, ma non riuscivo a capirlo. Facevo fatica ad andare avanti, dovevo tornare sulle frasi più volte, abbandonandolo, poi, definitivamente, tra i libri da leggere.
Non c'è il film sul libro, in realtà, ma volevo cmq prima leggermelo e poi guardami qualche film suo.
Invece...
E' la prima volta in vita mia (ora vedremo se sarà anche l'ultima) in cui credo valga la pena, anzi che sia opportuno, prima guardare i film e poi leggersi il libro.
Bisogna entrare nel suo mondo, bisogna prendere il suo ritmo, capire l' angolazione attraverso la quale vede le cose, le persone, i fatti. Bisogna farci l'abitudine ad un certo modo di esprimersi. E allora, leggere le sue parole, sarà bello.

Con Sorrentino ho iniziato dalla fine, nel senso che sono andata a vedere "This must be the place" al cinema (*_*  *_*  *_* e non dico altro) e poi "Le conseguenze dell'amore" e poi "Il Divo".

A quel punto ho ripreso in mano "Hanno tutti ragione" e.... non l'ho più lasciato fino alla fine, godendomelo come se fossi al cinema a vedere un suo film.

Successivamente ho letto la sua intervista su Emergency e mi é piaciuta da morire.

Questo libro é uno di quei libri che vorresti non finissero mai, che quasi hai paura a leggerlo, che quasi non vuoi leggerlo perché sai che più vai avanti a sfogliare le pagine, più in fretta lo finirai, e questo ti renderà triste. Infatti. Appena ho girato l'ultima pagina, e mi sono resa conto di essere alla fine, mi é uscito spontaneo un "Nooo..." di delusione.

" (...) Eppure tutto quello che desidero in questo momento é negarmi e recuperare la strada. La libertà. Ma sono intrappolato nell'odore della zucchina alla scapece mischiata con odori di carattere ginecologico, dal momento che si è posizionata in piedi contro le mie narici squagliate da distese di cocaina.
Mi sta offrendo se stessa come quella reliquia che il museo ha riportato alla luce dopo decenni e che finalmente offre in pasto al pubblico anelante. Solo che il pubblico anelante, io in questo caso, non ne vuole sapere di visitare il museo. Scavate non troverete traccia di una mia sola visita a qualsivoglia museo, che sia il Louvre o il Prado, io preferisco starmene nei caffè a sbirciare il mondo. E, dopo, nascondermi nell'androne del palazzo lasciato aperto, per sentire la puzza della quotidianità dello straniero. Studiare i cognomi sulla cassetta della posta e, alle volte, rubare la posta per provare ad impadronirsi di quelle vite una volta per tutte. Altro che Gioconda del cazzo.
Questa é la vita secondo me. Punto e basta.
Dunque mi opprime con le mutande a portata di naso.
Io mi smarco sollevandomi in piedi. Ci ritroviamo i visi a pochi centimetri. Con l'indice grassoccio le smuovo una ciocca assassinata da una vecchia tintura fatta male. Le scruto il volto.
E' bellissima, adesso. (...) " Sei bellissima Rita. Sei bellissima come mi madre".
Sussulta in un brivido lieve, breve e incontrollabile. Come se le avessi trapanato la coscienza.
Mentre la guardo, assediato da una tenerezza incongrua coi  miei lineamenti, trema come un'innamorata (...) Sta ritornando a quando aveva sedici anni, a quando ha baciato per la prima volta un imbranato coi libri sotto il braccio fuori la scuola vicino ad una salumeria che faceva una pizza salata che così buona non l'ha mangiata più.
La bacio dolcemente su una palpebra e vede sua madre che aveva l'età che adesso ha lei che la guarda con un occhio diverso e benevolo perché l'ha capito tale e quale che ha baciato un ragazzo per la prima volta. Sente l'odore del sugo buono perché é pronto a tavola. E c'è in quel ricordo lontano da lei, nell'aria e nel suo cuore, un'atmosfera elettrizzante che non capiterà mai più".









domenica 20 novembre 2011

Non credo mi basti un si come risposta


Mi sa che voglio tornare a casa.
Non mi passa, non mi sta passando.
Sta sensazione di cuore annebbiato, di cervello (s)travolto, di lacrime in bilico tra lo sgorgare e il rintanarsi.

C’ho gli occhi che mi danno il tormento e che non vogliono tornare com’erano una volta.
Sto abbastanza una schifezza.

Rivoglio casa mia, rivoglio la mia famiglia e rivoglio Trieste.

Ma davvero non ho fatto una cagata? Davvero é stata giusta la mia scelta? E che si tratta solo di resistere? Dicono di si. Ma non credo mi basti un si come risposta. Non ci credo perché sento che dentro me, in realtà, sorge un “no”.

Stamattina, appena sveglia avevo deciso di uscire e andare in stazione a comprare un biglietto per Trieste, esattamente per domani. Sarei ritornata a casa e avrei detto a Elena, Camilla e Isabella “Ragazze, torno a Trieste. Non ce la faccio più. Ci rivediamo prossimamente, quando  starò meglio”.

Poi non l’ho fatto.

Mi sono fatta un the, ho mangiato tre biscotti e una banana guardando dalla finestra il parco e i lavori, le montagne dietro la nebbia e le persone che passeggiavano. Poi ho finito di leggere il libro di Sorrentino. E tutto é scivolato. Fino qui, all’ora del the, in cui ho deciso di aprire un blog.
Fondamentalmente, credo, per poter scrivere come quando si ha bisogno di isolarsi, di concentrarsi, di fare chiarezza e luce e spazio in testa, ma restando collegati col e al mondo.